Ethnomedicine is a study or comparison of the traditional medicine based on bioactive compounds in plants and animals and practiced by various ethnic groups, especially those with little access to western medicines, e.g., indigenous peoples. The word ethnomedicine is used as a synonym for traditional medicine.
Ethnomedical research is interdisciplinary; in its study of traditional medicines, it applies the methods of ethnobotany and medical anthropology. Often, the medicine traditions it studies are preserved only by oral tradition.
Scientific ethnomedical studies constitute either anthropological research or drug discovery research. Anthropological studies examine the cultural perception and context of a traditional medicine. The purpose of drug discovery research is to identify and develop a marketable pharmaceutical product.
Ethnopharmacology ( ethnopharmacy) is a related study of ethnic groups and their use of drugs . It is distinctly linked to medicinal plant use, ethnobotany, as this is the main delivery of pharmaceuticals. It is the interdisciplinary science that investigates the perception and use of pharmaceuticals within a given human society. Emphasis has long been on traditional medicines, although the approach also has proven useful to the study of modern pharmaceuticals.
It deals with the study of the pharmaceutical means considered in relation to the cultural contexts of their use, e.g. the study of the cultural determinants that characterise the uses of these means within a culture. It involves studies of the:
– identification and ethnotaxonomy (cognitive categorisation) of the (eventual) natural material, from which the remedy will be produced (medical ethnobiology: ethnobotany or ethnomycology or ethnozoology);
– traditional preparation of the pharmaceutical forms (ethnopharmaceutics);
– bio-evaluation of the pharmacological action of such preparations (ethnopharmacology);
– their clinical effectiveness (clinical ethnopharmacy);
– socio-medical aspects implied in the uses of these pharmaceuticals (medical anthropology/ethnomedicine);
– public health and pharmacy practice-related issues concerning the public use and/or the re-evaluation of these drugs.
Ethnopharmacology shares a common terrain with medical anthropology and anthropology of pharmaceuticals. Ethnopharmacology also relates to pharmacoepidemiology, the study of how drugs are used by and affect large numbers of people. Ethnopharmacology is also strongly linked to food science, since dietary modifications are traditionally used as a tool to modify health and disease conditions, and many plant species are traditionally used both as food and for medicinal purposes. When investigating a natural product used by a culture as a medicine, it is important that the methods of collection, extraction and preparation are the same or similar to those used by the ethnic group. This is to ensure consistency and legitimacy of the experimentation.
(Fonte Wikipedia)
Un percorso fra innovazione e tradizione.
L’innovazione è impetuosa ma la tradizione, ben lungi dall’essere un profilo meramente temporale, si connette alla nostra storia: la storia umana, fatta da donne e da uomini che hanno legato la loro vita, fin dagli albori della civiltà, all’esigenza di credere nella capacità di alcuni di operare a vantaggio degli altri per assicurarne la salute e garantirne la sicurezza. La tradizione ha costruito la figura dello sciamano, del guaritore e del medico nel corso di una storia millenaria, per poi confluire in tempi molto più rapidi, nella figura del medico. Ciò è avvenuto in un contesto progredito in cui l’altruismo e l’impegno su cui si fondava il carisma di queste figure all’interno di gruppi sociali via via più complessi, ha trovato la definizione conosciuta e condivisa ormai da alcuni secoli, fino al più recente irrompere della medicina scientifica.
La trasformazione della medicina in qualcosa che ha a che fare con la scienza ha avuto luogo solo a partire dalla seconda metà dell’Ottocento.
Oggi, grazie ai progressi scientifici e tecnologici, è in corso una valorizzazione e comprensione di quanto di meglio era stato conquistato dalla medicina prima della sua trasformazione scientifica. Una valorizzazione e migliore comprensione della tradizione.
Tumori, diabete, malattie infettive, dolore ed ogni causa di sofferenza e di morte ci obbligano a cercare nuove cure e nuove medicine. Piante, insetti appaiono grandi opportunità di soluzione.
Per coloro che vi sono coinvolti – etnobotanici, biologi marini, chimici e persino sciamani della foresta pluviale – questa ricerca nasce dalla disperazione dei malati e dalla compassione di chi vuole curarli.
Il patrimonio del mondo vegetale è immenso, malgrado le 65.000 specie di piante in via di estinzione.
Se ne ipotizzano 800.000, delle quali solo il 15% delle 300.000 conosciute, ha un impiego terapeutico tradizionale e solo l’ 1% è stata verificata con metodi ritenuti scientifici.
Ognuna è composta da 10.000 molecole differenti, in gran parte con attività terapeutica.
E’ un patrimonio da salvaguardare, per la conservazione delle biodiversità e del suo equilibrio, per la potenzialità intrinseca.
Allo stesso modo dei saperi e delle conoscenze degli ultimi veri sacerdoti della cultura tradizionale.
Bagaglio ancora più prezioso delle materie prime.
Su questa ricerca istintiva del farmaco, consolidata dall’esperienza millenaria, si fonda il significato stesso dell’etnofarmacologia e fitoterapia. Non già una foresta da predare, ma un intreccio di storie da conoscere, rispettare e valorizzare. Arrivando, se possibile, a colmare, con la nostra tecnologia, i tasselli mancanti alla dispensabilità di fitocomplessi sicuri e ad efficacia prevedibile. Che consenta ai paesi poveri il riconoscimento del ruolo delle loro tradizioni, aiutandoli a conservarle ed a utilizzarle localmente, senza depauperare ulteriormente un patrimonio abbondantemente depredato dal neocolonialismo, per le, spesso, false necessità del mercato occidentale.
Il Genoma umano (recentemente decodificato) non specifica completamente l’uomo, né il suo cervello o le sue interconnessioni.
Il ruolo dell’etnofarmacologia e della fitoterapia resterà fondamentale anche in un mondo nel quale la manipolazione genetica modificherà la velocità di progressione e la direzione dell’evoluzione della specie, fornendo modelli di sviluppo stratificati con adattamenti conosciuti.
L’invenzione della chimica di sintesi negli anni trenta ha ridotto la nostra dipendenza dal regno della natura quale unica fonte di farmaci. Ma negli ultimi anni assistiamo a un eccitante rinascita della fitoterapia stimolata dalla scoperta di sostanze medicinali negli angoli più remoti del pianeta. Nel corso dell’ultimo decennio, questa ricerca si è trasformata da elemento marginale a fenomeno di interesse generale. Da più di tre miliardi e mezzo di anni la Natura crea degli straordinari composti chimici e le nuove tecnologie stanno facilitando la nostra capacità di scoprirli, studiarli, manipolarli e utilizzarli, come mai prima d’ora.
Ma la natura può contribuire alla guarigione anche nel suo ruolo terapeutico di ispirazione estetica e spirituale nella vita della maggior parte degli esseri umani. La ”biomimica” la studia quale modello da cui trarre insegnamenti in campo medico.
“ E’ impossibile fare meglio di quello che sta già facendo un organismo nel proprio ambiente” Richard Lewontin, genetista Harward
“Le entità viventi hanno già fatto tutto quello che noi ci proponiamo di fare senza consumare tonnellate di combustile, né inquinare il pianeta né compromettere il proprio futuro” Jeannine Benyus – Biomimicry
La fitoterapia rappresenta l’alternativa unica ad una ipermedicalizzazione della terza età e di quelle situazioni al limite tra fisiologia e patologia, responsabile di un gran numero di malattie iatrogene, al quarto posto come causa di morte negli Stati Uniti.
Il degrado dell’ambiente e la distruzione rimangono la minaccia più grave da controllare.
La deforestazione, l’inquinamento ed il commercio delle specie selvatiche mettono a rischio la sopravvivenza delle specie vegetali ed animali così come la nostra vita.