Da un sogno che sopravvive al tempo, una task-force interdisciplinare per mappare l’epidemia Covid-19 e disegnare il futuro di cura, prevenzione e promozione della salute globale.

 

Maurizio Grandi 

 

Il Laboratorio di Eutonologia a La Torre e il Covid-19

 

Da un sogno che sopravvive al tempo, una task-force interdisciplinare per mappare l’epidemia Covid-19 e disegnare il futuro di cura, prevenzione e promozione della salute globale.

 

Maurizio Grandi 

 

Era il 1958 e Henri Laborit inaugurava all’Hopital Boucicaut di Parigi il suo Laboratoire d’Eutonologiè, presso il CEPBEPE (Centre d’etudès expèrimentales et cliniques de physio-biologie, de pharmacologie et d’eutonologiè).

 

Brillante medico, neuroscienziato, inventore di tecniche di avanguardia nel campo dell’ anestesia  come la ipotermia o ibernazione artificiale, scopritore del primo neurofarmaco, la cloropromazina, che aprì la strada alla psicofarmacologia moderna, scelse la ricerca biologica più pura e più essenziale, fu teorico della biologia e delle scienze del cervello, del rapporto tra biologia e società e appassionato divulgatore perché “La politica, la psicoanalisi, l’economia, la sociologia non sono altro che aspetti particolari della biologia. Quando parliamo di sistemi viventi siamo inevitabilmente nel campo della biologia. Non esiste una sociologia dei sassi, ma solo la fisica. L’economista, lo psicologo, il sociologo credono che il loro campo di investigazioni sia definito dall’ambito della loro specializzazione. E’ una grossa ingenuità! E’ una nostra invenzione credere di poter suddividere la conoscenza dell’uomo in diversi settori, mentre tutto è biologia, a cominciare dal plancton fino all’uomo.”

(intervista rilasciata a Luciano Lanza,

https://centrostudilibertari.it/sites/default/files/materiali/bollettino_6.pdf)

Eutonologia: nella rarefatta atmosfera del laboratorio come appare dalle immagini del tempo, si studia come la Vita riesce a mantenere l’equilibrio, come lo ripristina a partire dallo squilibrio di una minaccia, come l’inibizione dell’azione stressa il sistema e come sia possibile ricrearne l’armonia al crocevia tra psiche e soma e tra geni e cultura.

Coerentemente alla sua visione della biologia, Henri Laborit è uno scienziato composito: il suo interesse dominante è la comprensione dell’uomo nell’accezione più totale. Entrare nel mondo di Laborit significa interrogarsi sul senso dell’uomo, fisico e metafisico, e comprendere l’uomo  significa soprattutto comprendere quali sono gli automatismi che ci determinano, comprendere le «leggi» biologico-culturali che regolano la nostra esistenza.

 

Ancora Laborit (ibidem): “Si può toccare cosa separa la biologia dalla cultura in un uomo? Quello che distingue una ‘struttura vivente’ da una ‘struttura inanimata’ è un complesso di relazioni a diversi livelli d’organizzazione: il livello dell’atomo, il livello della molecola, il livello della cellula, il livello dell’organo, il livello dei sistemi, il livello dell’uomo, il livello dei gruppi sociali, il livello delle società e il livello della specie. Per comprendere l’uomo dobbiamo comprendere la globalità del problema, cioè il livello d’organizzazione che ci ingloba. (…)

Penso quindi che la conoscenza non ci darà la libertà, ma che la conoscenza dei determinismi ci permetterà di fare qualcosa di diverso e di migliore.”

 

In quella stessa struttura del Boucicaut, oggi abbattuta, era ospitato dal Prof. Jacques Réynier il primo servizio di fitoterapia clinica, gestito insieme ai medici Christian Duraffourd e Jean-Claude Lapraz, che si proponeva di essere non un servizio di “terapia con le piante” ma una applicazione terapeutica basata su un approccio globale all’uomo, sulla sua cosidetta endobiogenia, rispetto alla quale la botanica medica fosse soprattutto dialogo tra il regno vegetale e le dimensioni multilivello della persona.

 

A Parigi, dal 1979 al 1981, presso il prestigioso Gustave Roussie, Maurizio Grandi intraprendeva la strada della ricerca botanica in oncologia sperimentale.

Nel 1992 avrebbe fondato insieme a Reynier, Duraffourd e Lapraz, la FIADREP e aperto un insegnamento di fitoterapia a Monastir presso la facoltà di Farmacia ,a Torino, in una Torre appena nata,a Atene ,nella Facoltà di Farmacia,a Bruxelles, dove nacque l’IPI(Institut de phytothérapie internationale).

Il legame tra piante, uomo, biologia e società, salute e ambiente fu subito al centro della sua ricerca e della sua clinica, in risonanza con il lavoro di Laborit.

 

Dopo un passaggio a Nantes, è a Lugano dove Grandi e Laborit collaborano a stretto contatto, tra il 1992 e il 1996 nell’Università di cui Laborit è direttore scientifico e Grandi è il più giovane dei Cattedratici.

Una risonanza e una collaborazione che vengono dal riconoscimento di una visione comune dell’uomo, della società, dell’ambiente e della loro profonda, inestricabile interconnessione.

 

Nel 1996 Grandi è in Congo, professore universitario in quell’Africa della quale studia le piante( da l nome vernacolare denso di sogni e aspettative :Maria Congo,Congo ama ), attraverso il modello etnofarmacologico,che  e’ antropologico,cosmogonico , e in Brasile ,nel progetto “Pro menor” ospitato nella istituzione salesiana diManaus, sulla stessa apocinacea presente nel tunnel congolese . Attiva su un’altra epidemia emergente nel Mondo ,senza difese e senza frontiere ,l’AIDS, in un controcanto tra Vecchio e Nuovo Mondo.

 

A Torino , lo storico Centro Studi,Ricerche e Terapia delle Neoplasie cresce ne La Torre anche architettonica dei livelli multipli del reale e dell’uomo, centro clinico universitario e interdisciplinare, che rispecchia nelle sue specialità interconnesse la complessità antropologica dei sistemi che condizionano la malattia e la salute non solo dell’uomo ma anche dell’ambiente (e viceversa).

 

Oncologia e Psicooncologia, Immunologia, Neuroscienze, Etnofarmacologia ed Ecologia, Biorisonanza e Musicomedicina di risonanza, Bioetica, si interfacciano in un sogno che è proseguito sino ad oggi, nonostante le derive positiviste e tecniciste del ventennio che ci ha preceduto abbiano messo a repentaglio l’arte medica della complessità a favore di uno scientismo riduzionista e di un progresso consumista di cui vediamo oggi la cecità.

A La Torre riposano molti dei brevetti di Henri Laborit che lo stesso trasmise in eredità  Enrico Brun e da questi a Grandi.

 

Nel 2018, ha inizio la collaborazione di Erica Poli e Maurizio Grandi, a partire da un sogno, oggi divenuto realtà in un Master in arrivo nell’autunno del 2020: quello di fondare una Scuola di Antropologia della Salute nei sistemi complessi, avendo ben chiara la interconnessione di società, uomo, animali, piante e ambiente.

Anche per Erica Poli, Henri Laborit ha giocato un ruolo fondamentale nella transizione dalla psichiatria riduzionista imperante ad una prospettiva biologica ed antropologica insieme, dell’individuo e dell’interazione tra situazioni di stress psichico e malattia somatica, in pratica l’ interfaccia tra soma e psiche, che fu uno dei punti centrali della teoria di Laborit.

Le sue ricerche sul sistema nervoso, sulle proprietà dei neurotrasmettitori, sullo spettro di azione che i “messaggeri” del cervello esercitano sull’ organismo, e viceversa,  condussero infatti Laborit a individuare le relazioni tra comportamenti, attività chimica del cervello e malattie organiche, concetti che sono divenuti il fulcro dell’attività clinica, di ricerca e di pubblicazione che Erica Poli porta avanti dal 2000.

Dalla costruzione della Scuola che Maurizio Grandi ed Erica Poli disegnano, scaturisce una collaborazione di ricerca e anche clinica congiunta che si struttura stabilmente nel 2019 e che conduce, quasi che ne fosse il naturale esito, alla rinascita dell’Eutonologia, al risveglio del marchio di Laborit, come legittima eredità de La Torre che, oltre che luogo per “conoscere, accogliere, curare”, come si legge sotto l’egida del Centro, è ancora, come sempre e di nuovo, l’alveo di una Ricerca senza confini, libera da pregiudizi.

 

Eutonologia oggi a La Torre significa ricerca e clinica del rapporto salute e ambiente a 360 gradi: il concetto di One Health come promozione della salute, fisica e psichica e ambientale, come antropologia della salute nei sistemi complessi, uomo, famiglia, azienda, società, ambiente, ecosistema.

Alla cuspide, le Neuroscienze che sempre più si rivelano sapere trasversale e ponte utile di comprensione delle relazioni dell’essere vivente.

Il concetto di network è vero per le piante, come per il sistema nervoso degli animali, come per le reti web del mondo globalizzato.

La comunicazione di rete, tramite impulsi bioelettromagnetici che governano la biochimica è la strada per comprendere patologie che non sono più d’organo ma di rete, patologie funzionale, patologie del network: relazioni tra il sistema nervoso e il sistema immunitario, il sistema endocrino, il metabolismo e la sfera psicoaffettiva inserite nel comtesto ambientale e nella interazione prima di tutto elettromagnetica con l’esistente.

Le neuroscienze si pongono allora come possibile ambito trasversale di ricerca e comprensione dell’interazione tra l’ambiente e i suoi soggetti, umani, animali vegetali e tra loro: dal genoma all’epigenoma al connettoma intra e interspecifico.

Rete significa naturalmente anche ambiente, interazione con i tossici ambientali, con i patogeni ambientali, con alimenti e merci, significa al contempo anche circolazione degli stessi e possibilità sempre maggiori di reti sempre più complesse grazie alla globalizzazione e ai suoi flussi.

 

Marzo 2020: appuntamento con la storia.

L’epidemia del virus Covid-19, che naturalmente non si ferma alle frontiere, mette in shock il sistema.

Uno shock multilivello, che riguarda i sistemi  sanitari, sociali, politici ed economici di tutto il mondo; uno shock che appare sempre più l’esito di una globalizzazione esente dalla lungimiranza di uno sguardo attento alla One Health, alla salute dell’insieme.

Laborit torna: quale migliore occasione per studiare come ripristinare l’eutonologia dell’ecosistema e dei suoi abitanti?

E magari, ci scappa anche una proiezione epidemiologica per la prevenzione di future epidemie e nuove prospettive di cura a partire dal patrimonio forestale tropicale e subtropicale che, dopo il disastro, potrà forse essere tutelato diversamente.

Allora il Laboratorio di Eutonologia a La Torre inaugura una taskforce di ricerca per mappare l’epidemia Covid-19 e disegnare il futuro di cura, prevenzione e promozione della salute globale.

Il gruppo sta già raccogliendo i dati epidemiologici inerenti la diffusione in tutti gli Stati, con particolare attenzione agli stati dell’Amazzonia e di quella che anticamente era la Mesopotamia, oltre che da fonti ufficiali anche da fonti dirette tramite la presenza sul campo della Fondazione Artaban, che da decenni opera in Africa e America Latina nell’ambito dell’etnofarmacologia e della sostenibilità dello sviluppo.

Il gruppo collabora attivamente con CIRPS, Centro Interuniversitario di Ricerca Per lo Sviluppo sostenibile, nella conduzione della ricerca e anche nella realizzazione del Master.

Forse la libertà di cui parlava Laborit, sta nel superare le gerarchie dei sistemi e imparare dalle piante l’evoluzione cooperativista, forse sta nel ribaltare la visione di quali sono i Paesi sviluppati o meno, di quanto essere uomini nell’era della techne, lontani dall’equilibrio della natura, sia difficile e persino a questo punto pericoloso.

Forse Covid-19 è la più grande occasione “eutonologica” che abbiamo.

 

 

I Link alle recenti interviste

 

https://www.byoblu.com/2020/03/27/le-epidemie-del-xxi-secolo-effetto-della-globalizzazione-maurizio-grandi-byoblu24/

 

https://www.byoblu.com/2020/03/27/quarantena-psiche-a-rischio-erica-poli-byoblu24/