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Ipnosi, PNEI e antropologia

Le antiche scuole mediche orientali (la taoista cinese, l’ayurvedica indiana e la tibetana), ma anche la maggior parte delle tradizioni mediche indigene ( in Africa e in America Latina), hanno sperimentato lo stretto legame mente-corpo e hanno sviluppato dei sistemi terapeutici in cui l’uso del potenziale psichico determinasse il mantenimento dell’equilibrio delle funzioni biologiche, il potenziamento dei livelli energetici dell’organismo nei confronti degli agenti patogeni esterni e in ultima istanza processi di guarigione. L’induzione di stati modificati di coscienza da parte dei terapeuti, taumaturghi o “ guaritori “ che sanno provocare stati di trance sono alla base di molti antichi sistemi. In questi casi, la conoscenza e il corretto utilizzo delle energie psichiche da parte del terapeuta provoca guarigioni a volte inspiegabili sul piano puramente logico-razionale.

Secondo gli antichi medici tibetani, l’interazione di mente e corpo è alla base della comprensione della malattia. Lo sviluppo di tecniche meditative è stata di conseguenza, uno degli strumenti principali usati dalla medicina tibetana per modificare gli stati energetico-fisiologici dell’individuo, attraverso un intervento cosciente o guidato della mente.

L’induzione di stati modificati di conoscenza è anche patrimonio della moderna ipnosi. Essa è in realtà una tecnica antichissima di comunicazioni e di relazioni con la parte più profonda del cervello umano, quella analogica, intuitiva e immaginativa dell’emisfero destro.

Nel corso degli ultimi anni numerosi studi concernenti le relazioni fra processi neuro-endocrini e fenomeni immunitari hanno messo in evidenza la presenza di un flusso bidirezionale di informazioni fra il sistema neuro-endocrino e quello immunitario, responsabile della mutua regolazione delle loro rispettive funzioni. Tale scambio di informazioni non avviene solamente a livello inconscio: gli individui viventi mantengono la loro armonia interna, il loro ritmo vitale, grazie alla capacità di autoregolarsi per mezzo di meccanismi di feedlback. Un sistema che ha perso il suo ordine interno e la capacità di riconoscere o interpretare i messaggi che gli vengono dal suo organismo, viene colpito più facilmente dalla malattia. In questo quadro si inserisce la PNEI (psiconeuroendocrinoimmunologia) , una branca della medicina che ha focalizzato la connessione esistente fra i processi psichici e il sistema immunitario. Ma per quanto riguarda la cura, nella cultura occidentale spetta probabilmente all’ipnosi (o a tecniche da essa mutate) l’aver stabilito un linguaggio di accesso al mondo dell’inconscio. La sperimentazione nel campo delle tecniche ipnotiche ha mostrato che le suggestioni che agiscono creando stati di coscienza, producono anche modificazioni fisiologiche. L’ipnosi consente infatti l’accesso agli strati profondi della mente, tramite l’uso dell’immaginazione. La suggestione analgesica permette ad esempio di eliminare la percezione del dolore durante il parto. L’ipnosi utilizza l’attività immaginativa per la cura dell’ipertensione, per il trattamento di nevrosi, ma anche per patologie organiche come i tumori.
Le immagine indotte possono avere una valenza simbolica e in questo caso il loro messaggio evocherà un patrimonio di ricordi sepolto nell’inconscio collettivo, archetipi dell’umanità intera. Come avviene nel processo meditativo, durante lo stato di trance il paziente produce onde alfa e theta che sono quelle dell’apertura interiore, del ricarico energetico del sistema neuroendocrino e della stimolazione delle facoltà superiori della mente.

Nell’ambito della convenzione quadro con il Dipartimento di Scienze Antropologiche ed in collaborazione con il servizio di scienze umane, abbiamo iniziato alla Torre studi comparativi fra le tecniche usate dalla medicina tibetana e l’ipnosi e confronti sugli effetti sia su malattie organiche, che psicosomatiche che puramente psichiche. Sul piano culturale, la figura attuale che più corrisponde al medico della tradizione tibetana è forse proprio l’ipnotista che utilizza una serie di tecniche ( di rilassamento e di visualizzazione ) e in alcuni casi di concezione che si potrebbero comparare agli aspetti psicologici e terapeutici del buddismo tibetano. Un sistema medico, basato su forme di continuo ripristino dell’equilibrio psico-fisico e su pratiche di “ igiene mentale “, per il controllo delle malattie, è in collisione con un sistema di valori quale quello della medicina moderna, basato su una concezione dell’uomo e della natura meccanicistico.
La PNEI rappresenta senza dubbio un punto di vista nuovo e interessante per reintegrare nella cultura medica occidentale quel significato dell’essere umano che le antiche tradizioni hanno considerato come presupposto per ogni intervento medico di tipo preventivo, diagnostico o clinico.

Maurizio Grandi

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